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Paris Texas
- Martedì 10 Dicembre – Ore 21:00
- Mercoledì 11 Dicembre – Ore 21:00 in lingua originale 🇺🇸 sottotitolata in italiano
A quarant’anni dalla Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1984, uno dei film più amati di Wim Wenders, ‘Paris, Texas’, torna dal 4 novembre nelle sale italiane, grazie alla Cineteca di Bologna e al suo progetto ‘Il Cinema Ritrovato.
Al Cinema’ e a CG Entertainment.
Presentato in anteprima all’ultimo Festival di Cannes e al festival Il Cinema Ritrovato di Bologna, il restauro in 4K di ‘Paris, Texas’ è stato realizzato nel 2024: il negativo originale in 35 mm è stato scansionato in 4K a L’Immagine Ritrovata a Bologna, con il sostegno finanziario del Cnc, il restauro e la color correction hanno avuto luogo presso Basis Berlin Postproduktion, con il sostegno di Chanel e del German Film Heritage Funding Program (Ffe).
Scritto assieme a Sam Shepard, interpretato da Harry Dean Stanton e Nastassja Kinski, con le musiche di Ry Cooder, ‘Paris, Texas’ è, secondo lo scrittore e regista francese Emmanuel Carrère, “il film più calmo, più sobrio che Wenders abbia mai diretto”, comunque l’opera che ha definitivamente consacrato il regista tedesco tra i grandi autori del cinema mondiale.
Ultimo film del periodo americano di Wenders, ‘Paris, Texas’ è un road movie libero, tenero e disperato, un omaggio ai luoghi del western, una rilettura umanissima dei generi hollywoodiani
Eterno visionario
- Venerdì 13 Dicembre – Ore 21:00
- Sabato 14 Dicembre – Ore 21:00
- Domenica 15 Dicembre – Ore 16:00 – Ore 21:00
- Lunedì 16 Dicembre – Ore 21:00
Michele Placido, giunto al suo quattordicesimo film, decide di raccontare il drammaturgo siciliano come non era stato mai “visto”, ovvero facendo del privato del protagonista il proscenio dove assurgono a vita e si giustificano le ossessioni e la poetica dei romanzi e delle piece teatrali. Invece che relegarlo a un riempitivo popolato da personaggi pensati come funzioni narrative o come semplice appendici del racconto, lo spazio famigliare prende vita attraverso una drammaturgia che di moglie e figli fa i veri teatranti all’interno del film. Placido ne dà legittimazione nell’immagine finale in cui la natura onirica del contesto, quando i familiari e Marta Abba – musa e attrice nella quale Pirandello trovò una platonica via di fuga ai propri tormenti esistenziali -, radunati attorno alla salma di Pirandello per un ultimo saluto, sembrano svelare la loro doppia natura, quella di esseri umani in carne e ossa e allo stesso tempo proiezioni fantasmatiche dei personaggi che hanno popolato le opere dello scrittore.
Fonte – OndaCinema
The Holdovers – Lezioni di vita
- Martedì 17 Dicembre – Ore 21:00
- Mercoledì 18 Dicembre – Ore 21:00 in lingua originale 🇺🇸 sottotitolata in italiano
- Mercoledì 25 Dicembre – Ore 21:00
- Giovedì 26 Dicembre – Ore 21:00
Il cinema di Alexander Payne, sempre in bilico tra commedia esistenziale e dramma intimista, trova nella scrittura dei personaggi, nelle loro psicologie, nella quadratura degli spazi e degli ambienti il punto di forza. The Holdovers – Lezioni di vita (ispirato al film del 1935 Vacanze in collegio di Marcel Pagnol), non solo non fa eccezione, ma si pone come una delle migliori e più ispirate opere del regista statunitense. Ambientato durante le vacanze natalizie del 1970 in un istituto scolastico privato per rampolli dell’alta borghesia, segue le vicende del professore di civiltà antica, Paul Hunham (Paul Giamatti, vincitore del Golden Globe), e di un gruppetto di studenti di varie età – tra questi il brioso e scapestrato Angus Tully (il debuttante Dominic Sessa) – impossibilitati a tornare a casa dalle famiglie. Insieme a loro la responsabile della mensa, Mary Lamb, in lutto per la prematura morte in guerra del figlio 20enne. Sono personaggi complessi, stratificati, segnati dalla vita. Il tono è brillante, pieno di humor e colmo di battute pungenti e sagaci, marchio di fabbrica del cinema verboso di Payne. Il film inizia con il campo lungo della scuola circondata dalla neve. Luogo di passaggio per eccellenza che, giocoforza, conduce alla vita adulta e alla scoperta di sé. Il coming of age, diventato ormai un vero e proprio (sotto)genere, con tutto il corollario di azioni e situazioni che portano alla crescita (sviluppato quasi sempre all’interno di un arco temporale ridotto), copre soltanto una porzione del racconto.
Il rapporto contrastante e conflittuale tra il professore integralista e il giovane Tully e il viaggio on the road dal New England a Boston – che cambierà la vita di entrambi – sta al centro del racconto, ma non è l’unico. Payne fa i conti con la storia e la politica. Rievoca il fantasma del Vietnam e riflette in controluce sulle sperequazioni sociali, sul classismo, la rabbia e il senso di frustrazione della working class (il figlio di Mary Lamb è chiamato alle armi perché impossibilitato a pagarsi il college). La malattia mentale, l’elaborazione del lutto e la solitudine sono temi che Payne tratta senza ingolfare e appesantire la storia, mantenendosi in perfetto equilibrio tra dramma e commedia. Paul Giamatti è bravissimo a dare corpo allo scorbutico (dal cuore d’oro) professore Hunham. La sua mimica e l’espressività sono ormai pienamente mature. Ma intensa è anche la performance di Da’Vine Randolph, mater lacrimarum, spezzata e resiliente. Il décor e la patina vintage rendono facile l’adesione e l’empatia. È un film semplice, emozionante, a tratti programmatico The Holdovers, e non dice nulla di nuovo. Riuscendo tuttavia ad essere contemporaneo e universale, rassicurante e non banale.
Fonte – spietati
Rassegne
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Cinque per Mille – 5×1000
Nonostante il Cinema sia interamente gestito da volontari, le spese a cui quotidianamente facciamo fronte sono molte: chi vuole, può destinare il 5×1000 dell’Irpef al Cinema Don Zucchini!
Di seguito trovate tutte le informazioni da comunicare all’agenzia delle entrate:
Grazie da parte di tutti i volontari del Cinema!
DENOMINAZIONE | ORATORIO ANSPI SAN BIAGIO |
CODICE FISCALE | 90002590389 |
INDIRIZZO | Via Ugo Bassi 45 – 44042 Cento (Ferrara) |
Berlinguer
Berlinguer – La grande ambizione diretto da Andrea Segre, che lo ha scritto con Marco Pettenello, in apertura alla Festa del Cinema di Roma. Filologicamente e storicamente ineccepibile, non mira a essere il classico biopic del politico di turno, né a riproporre una maschera attraverso un sempre convincente e stavolta titanico Elio Germano, ma a evocare lo spessore umano del suo Enrico Berlinguer. Segretario, e non “leader”, del Partito Comunista Italiano, convinto sostenitore della politica intesa come mettersi al servizio della collettività e del bene comune, lontano dai personalistici ego(centr)ismi a cui certi politici di oggi ci hanno abituato.
Lo incontriamo sullo schermo negli anni cruciali tra il 1973 al 1978, gli anni dell’attentato che subì a Sofia, della rinuncia ai fondi straordinari elargiti dall’Unione Sovietica, del compromesso storico, degli accordi con Aldo Moro e del sequestro di quest’ultimo. Vediamo Berlinguer andare personalmente dagli operai e mettersi in ascolto di ognuno di loro: verrà ricordato come uno dei politici più silenziosi ed eloquenti di sempre, ossimoro che sta a significare il medesimo impegno nell’ascolto come nella restituzione pragmatica di quelle parole e quelle istanze di cui si considerava portavoce. Con lui il Partito Comunista Italiano raggiunse il 34,4% delle preferenze («Un italiano su tre vota comunista»), ed è proprio l’atmosfera di appassionata partecipazione politica che il film riesce a raccontare e restituire sullo schermo, attraverso un abile accostamento di finzione e realtà, messa in scena e materiale di archivio.
Fonte – Wired
Familia
Luigi ha vent’anni e vive con sua madre Licia e suo fratello Alessandro, i tre sono uniti da un legame profondo. Sono quasi dieci anni che nessuno di loro vede Franco, compagno e padre, che ha reso l’infanzia dei due ragazzi e la giovinezza di Licia un ricordo fatto di paura e prevaricazione. Luigi vive la strada e, alla ricerca di un senso di appartenenza e di identità, si unisce a un gruppo di estrema destra. Un giorno Franco torna, rivuole la sua famiglia, ma è un uomo che avvelena tutto ciò che tocca…
Fonte – Cineforum
Parthenope
Prendendo ispirazione dalla leggenda della sirena da cui si dice ebbe origine la città di Napoli, Sorrentino immagina (e crea) una realtà in cui questa figura vive sotto le sembianze di una donna in carne ed ossa. Parthenope – a cui presta il volto una sorprendente Celeste Dalla Porta – nasce, come nel mito, dentro le acque di un mare (a Posillipo) con il quale manterrà sempre un legame profondo, atavico, indissolubile. La ragazza cresce e ammalia chiunque le graviti intorno, a partire dal fratello maggiore Raimondo (Daniele Rienzo): il rapporto tra i due sfiora i confini di ciò che potrebbe essere definito incesto, mantenendo però anche una purezza e un affetto tangibili. A chiudere una sorta di triangolo perfetto, l’amico Sandrino (Dario Aita), da sempre innamorato di Parthenope e soggiogato da questo incantesimo inarrestabile.
Fonte – CQItalia